Se dal 2019 ho cominciato a cambiare il mio personalissimo mindset sul mondo dell’audiolibro, dal 2021 ho cristallizzato la convinzione che serva un cambio di mindset collettivo per rendere la filiera dell’audiolibro un posto felice e professionale per tutte le persone coinvolte.
Tra l’Academy di Mettiamoci la Voce, questa newsletter e il mio main podcast, entro costantemente in contatto con persone che vogliono o vorrebbero diventare narratori di audiolibri, ciascuna con un diverso bagaglio di competenze alle spalle e molte con poca chiarezza sul ruolo professionale del narratore di audiolibri.
Facciamo chiarezza
Tutto un podcast -di cui tre episodi specificamente dedicati all’argomento- non può contenere tutto ciò che c’è da sapere, ma ho provato a inserire le basi concettuali e, più di ogni altra cosa, la necessità vibrante di unire le competenze specifiche per il leggio alle proprie competenze individuali, per creare una figura professionale propria e, al contempo, con quel guizzo di unicità che caratterizza ogni voce nella sua messa in audio.
Siccome trovo davvero poco utile tornare ancora -e ancora, e ancora- sull’argomento in maniera approfondita, restringo tutto in due frasi, e poi proseguiamo con la ciccia del discorso.
Le competenze di base di una voce narrante per l’audiolibro, vivono in una materia che ha un nome ben preciso: lettura espressiva.
A questa si affiancano le necessarie competenze nell’uso corretto della voce (quindi respirazione, fonazione, gestione al microfono e igiene vocale), nella dizione (in tutte le sue sfumature di ortoepia, prosodia, articolazione, etc…) e -ultimo ma non meno importante- ascolto attivo.
Ne ho parlato, tra chiacchiere e caffè in tre episodi di Narratrice Nomade che racchiuso in una mini-playlist per comodità.
Leggere audiolibri non è recitare, né doppiare, né un “lavoretto”
In primis, la professione di cui stiamo parlando ha un nome: narratore di audiolibri.
Il fatto che ci sia un termine specifico ad indicare una professione specifica, sottende già il fatto che questa specificità è supportata da caratteristiche proprie di questa professione, non necessariamente in comune con altre.
[La ridondanza della parola “specifico” è voluta]
Leggere audiolibri non è recitare
Non è recitare perché l’attore che recita, a teatro o in un film, compie un viaggio dentro il personaggio a cui deve dare vita con il corpo, con i gesti, con l’attitudine. L’attore lascia vivere il personaggio nel proprio corpo/gesto grazie alle sue competenze attoriali, allo studio del personaggio, alla componente fisico-scenico-visiva e a tutte quelle azioni/tecniche che gli consentono di conoscere intimamente il personaggio, al punto di poterlo incarnare.
Attore e personaggio vivono un rapporto simbiotico per portare in scena una rappresentazione. Il pubblico in sala sa che dietro quel personaggio c’è l’attore ma aderisce al patto di finzione dello spettacolo e accetta di vedere il personaggio, lasciando indietro l’attore.
Al leggio tutto questo rapporto simbiotico viene meno.
Viene chiamata in causa una forma di empatia (oso dire di intelligenza emotiva) che consente al narratore di poter dare voce e intenzione a tutti i personaggi del libro, dando loro sfumature di colore più o meno lievi, e alla voce narrante propria del testo.
La voce si fa ponte di collegamento tra il testo e l’ascoltatore, con il dovere di rispettare la narrazione e lasciare all’ascoltatore la capacità di liberare l’immaginazione su ciò che sente/legge.
Tutto questo non è recitare.
Basta ascoltare audiolibri letti da attori per rendersi conto che alcuni di loro realizzano letture meravigliose, e altri…beh, no. A volte, decisamente no.
Leggere audiolibri non è doppiare (ma)
Non è doppiare perché il doppiatore veste con la voce i personaggi che doppia, con quella straordinaria capacità di mimesi che gli consente di stare sul respiro, sulla mimica e su ogni micro-sfumatura che rende quella voce la voce del personaggio in schermo. Il doppiatore sviluppa un intuito davvero incredibile, che gli consente di tradurre una serie di segnali corporeo-facciali -impercettibili ai più- che determinano intenzioni, toni, volumi, vocalità dell’attore che doppiano.
Al leggio non ci sono volti né corpi a suggerire come quel personaggio dovrà suonare la voce. Ancor meglio: al leggio non c’è un film.
Le doti del doppiatore però, sono incredibilmente utili quando si realizza un audiolibro poiché, proprio quella sua capacità di vestire la voce, gli consente di dare quelle micro-macro caratterizzazioni alla voce che rendono perfettamente distinguibili tutti personaggi parlanti; la gestione spesso ottimale di voce e articolazione gli consente di affrontare il leggio al meglio. Sono abituati a leggere e decodificare velocemente, il che li mette in grado di affrontare letture all’impronta con molte meno difficoltà di altri professionisti.
La voce narrante, però, non necessita di intenzioni o coloriture, al massimo può beneficiare di lievi sfumature qua e là quando richiesto dal testo; i personaggi non hanno bisogno di essere eccessivamente caratterizzati né che le loro voci risultino radiodrammatiche poiché questo potrebbe impattare sull’efficacia dell’audiolibro in sé, specie quando non richiesto dalla produzione: la formazione in lettura espressiva è necessaria. Tuttavia, va detto che passati questi due scogli, tra le varie professioni della voce non specifiche per l’audiolibro, i doppiatori hanno la miglior attitudine al leggio e, nella maggior parte dei casi, lavorare con loro è davvero piacevole.
Sensibilità, baby
La verità è che la componente chiave del narratore di audiolibri, e di ogni altra professione della voce, è la sensibilità individuale che ci rende prima di tutto persone e professionisti consapevoli.
Sapere di sapere o non sapere, gestire i rapporti umani nelle fasi della produzione, avere la centratura necessaria per gestire ogni aspetto dell’emotività che esce in voce, sapendo tracciare una linea tra personale e professionale. Tutti aspetti della sensibilità individuale che si tramuta in professionalità.
La sensibilità, unita alla consapevolezza, è quella risorsa che ci mette in grado di:
gestire le sfumature di colore e di intenzione tra voce narrante e personaggi
conoscere noi stessi e i limiti/risorse del nostro asse voce-corpo
rispettare l’immaginazione del lettore
metterci al servizio della storia
tenere l’ego al proprio posto e lasciar uscire la storia
essere in continua formazione e mantenere la mente aperta
gestire i tempi fisiologici nel rapporto mente-voce
trasmettere l’amore per la nostra professione attraverso la qualità del nostro lavoro
Leggere audiolibri non è un “lavoretto”
Lascio per ultima questa parte perché ci torniamo a breve con un episodio dedicato, ma ci tengo a scrivere due righe perché ogni tanto si verificano dinamiche tossiche di persone che pretendono consulenze mascherate da “consigli” o che arrivano a noi con un immaginario falsato di “lavoretto artistico che faccio nel dopo-lavoro”.
No, non lo è.
E sia chiaro: nemmeno il donatore di voce fa “un lavoretto”.
Il donatore di voce fa un prezioso servizio di volontariato, spesso con una dedizione e una preparazione che non ho ritrovato in professionisti pagati per sedersi al leggio.
Il narratore di audiolibri che vuole diventare tale sa, o deve sapere, che ci sono della valutazioni da fare prima di integrare questa professione tra le proprie, sia per chi è autonomo e svolge diverse professioni in campo artistico, sia per chi prevede di lavorare in prestazione occasionale.
L’adeguata formazione e, magari, un po’ di allenamento/esperienza;
l’apertura di una posizione fiscale e la tutela legale della propria professione;
la disponibilità o meno a viaggiare per studi e produzioni;
l’investimento economico in allestimenti e attrezzature per chi vuole provare lavorare da casa;
la capacità di resistere agli urti di “no” e di non-risposte (triste realtà);
la gestione di una comunicazione -sia digitale che interpersonale- di taglio professionale.
È un lavoro che ha tempi lunghi e guadagni ordinari, comporta investimenti materiali ed emotivi, sacrifici e una buona dose di determinazione, come ogni altro lavoro.
Di nuovo, tutti in coro: è un lavoro, non un lavoretto.
Lungi da me l’idea di scoraggiare chi vuole cominciare (non farei divulgazione sull’argomento altrimenti) ma voglio trasmettere l’amore per questa professione e, per farlo, non posso né voglio trascurare il piano della realtà.
Cosa possiamo fare per approcciare al meglio questa professione?
Formarci, informarci, sviluppare un mindset e un’attitudine professionali.
E, durante il percorso, fare pace con il fatto che quella del narratore di audiolibri è una professione e richiede professionalità, anche se volte vengono messi al leggio narratori non-professionisti.
Ma la nostra strada diventa percorribile solo se guardiamo dove mettiamo i nostri piedi: se guardiamo dove mettono i piedi gli altri, finiremo per inciampare ;)
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Lavoriamo bene insieme se ci scegliamo consapevolmente.
Mi occupo di editoria audio
Produco audiolibri per case editrici.
Sono consulente di produzione per l’editoria audio, regista e tecnico di post-produzione di audiolibri, formatrice di propedeutica vocale, narratrice e tutor per narratory. Ho ideato e conduco i Circle Reading® Laboratori di Voce e Lettura Creativa, e sono specializzata nella lettura per ragazzə.
Convivo con una malattia autoimmune (la malattia di Crohn) che accentua la mia sensibilità sensoriale, soprattutto quella uditiva. Gestisco la misofonia con gli auricolari Calmer® di Flare Audio, per cui sono endorser e di cui ti lascio un link con affilizione: in pratica se acquisti passando dal pulsante, mi offri un caffè virtuale.
Cosa devi sapere di me
amo il ramen in busta
bevo il caffè senza zucchero
adoravo Jem & The Holograms
questa lista cambia ogni volta