Dobbiamo smetterla col fare voce e ritornare a narrare
Di come un articolo di ben altro spessore mi ha portata in viaggio attraverso pensieri da condividere davanti ad un caffè.
Ho letto un articolo che mi ha fatto esplodere il cervello.
L’ha scritto Stefano Vernamonti per L’Indiscreto e, ti premetto che è tosto, molto profondo, ti invita a porti domande e a cercare con cura e onestà le risposte; ecco il link, mi piacerebbe sapere cosa ne pensi.
Al primo sguardo non ha nulla a che vedere con la narrazione audio ma, leggendolo, ho sentito l’impulso di scrivere qualcosa, prendendo in prestito qua e là frasi e citazioni.
Penso al mondo della narrazione audio, al ruolo della voce narrante che, più di quanto pensi, è scelta non in base alle effettive capacità al leggio quanto più alle (legittime) strategie di mercato che facciano sopravvivere il delicato sistema economico del fratello meno bello del libro cartaceo.
Penso al modo in cui a volte vedo affrontare il lavoro sul suono o sulla voce, alla gestione del tempo come un nemico anziché un alleato, alla corsa al consumo, a quelle letture approssimative nelle quali manca il senso profondo dell’arte del tempo.
Raccontare è una prassi a cui noi esseri umani siamo piuttosto affezionati. Gli esseri umani sono quegli animali che credono alle storie che raccontano su loro stessi, scrive Mark Rowlands ne Il lupo e il filosofo, e lo stesso fa Yuval Noah Harari in 21 Lezioni per il XXI secolo, quando scrive che siamo una specie post-verità, il cui potere dipende dal creare narrazioni e dal credervi. L’Homo Sapiens è quindi Homo narrans, per utilizzare l’espressione coniata dal teorico della comunicazione Walter Fisher. Dalle citazioni si capisce quanto le narrazioni siano fondamentali per ordinare in maniera significativa la vita psicologica individuale e sociale. Quando vogliamo esporre degli eventi passati della nostra vita, o conferire loro significato, utilizziamo lo strumento della narrazione.
Tutto si riduce sempre alle solite domande: per quale motivo scegliamo di raccontare storie al microfono?
Per soldi? Per ego? Per metterci alla prova? Per creare connessione?
Una buona tariffa oraria, un buon microfono e decenni di editing musicale non sono gli ingredienti dell’audiolibro perfetto; si tratta di sensibilità, e la sensibilità non si può comprare: se non c’è, va costruita con amore e dedizione.
E poi va mescolata con la consapevolezza.
Cosa significa davvero registrare audiolibri?
Cosa comporta questa oralità 2.0?
Da qui in poi, sbocconcello parole dall’articolo e mi lascio andare a considerazioni personali, che probabilmente potrai capire meglio dopo aver letto le parole di Stefano.
L’identità preconfezionata di cui leggiamo, vive anche nella definizione che diamo di noi stessi, e diventa ostacolo all’empatia quando è posticcia e distaccata da ciò che realmente siamo-pensiamo-agiamo.
«Sono unə narratorə di audiolibri» → So davvero cosa significa per me e per gli altri o mi sono rattoppato addosso un job title?
Il racconto come oggetto di consumo è una frase che veste bene anche il prodotto audiolibro quando questo viene privato, spogliato, del reale potere della narrazione: lo spirito della tradizione orale che vive nella piena idea che la storia sia l’oggetto di contemplazione, non la voce, non il nome noto, il personaggio o il fattore clickbait di turno.La storia.
Nella sua potenza, nelle luci e nelle ombre in cui vediamo o riconosciamo la nostra stessa vita o ciò che vorremmo fosse. → Quanto sappiamo ridistribuire il peso nell’equilibrio tra autore-storia-voce-ascoltatore?
Consumare è realizzarsi è una frase che non ha bisogno di spiegazioni.
Vedi job title rattoppato poco più su.
Il continuum nel nostro caso non è solo il continuum vocale/sonoro che lega la fonazione e la prosodia bensì è il flusso che lega la nostra evoluzione come portatori di storie, e questo a prescindere dal fatto che siano in audio o su carta; quel processo che ci porta a legare e collegare con coerenza la nostra evoluzione personale/professionale. → Quanto imparo da ogni storia e da ogni ora al leggio?
Se anche tu ami i voli pindarici, mi piacerebbe sapere cosa ne pensi di questo.
Vuoi lavorare con me?
Lavoriamo bene insieme se ci scegliamo consapevolmente.
Mi occupo di editoria audio
Produco audiolibri per case editrici.
Sono consulente di produzione per l’editoria audio, regista e tecnico di post-produzione di audiolibri, formatrice di propedeutica vocale, narratrice e tutor per narratory.
Ho ideato e conduco i Circle Reading® Laboratori di Voce e Lettura Creativa, e sono specializzata nella lettura per ragazzə.
Cosa devi sapere di me
non ho freni davanti all’insalata di riso
a Blue (il mio Crohn) non piacciono i cetrioli
se mangio le cozze non riesco a masticarle
questa lista cambia ogni volta
Il grande problema dello “storytelling” è che ormai ci insegue e ci raggiunge ovunque, ci entra sotto pelle e a questo destino, all’apparenza, non c’è scampo. È come quando percorri una strada in città, è impossibile non leggere le miriadi di cartelli e pannelli pubblicitari che ti stordiscono e ti influenzano.
Se percorri una strada in mezzo alla natura la storia cambia e ciò che vedi ti ispira e ti riempie, ti invita a “ascoltare” e a “ascoltarti”.
La natura non fa storytelling.
Basta che non si facciano voli pindarici decollando dalla Vita, anche un' Opera è vita.